L’Associazione degli inquilini basa le proprie affermazioni su uno studio commissionato autonomamente, secondo il quale gli inquilini pagherebbero presuntamente troppo. Questo studio è stato da tempo criticato – anche dal Consiglio federale – per la sua metodologia discutibile e il suo carattere unilaterale: ignora sia il diritto locativo vigente sia la realtà del mercato immobiliare. I fatti parlano chiaro: per la maggior parte della popolazione, l’abitare è ancora accessibile. Secondo l’Ufficio federale di statistica, l’affitto medio in Svizzera è di 1.451 franchi. Dal 2000, solo il 14-18% del reddito lordo viene destinato in media all’affitto. Gli inquilini di lunga data beneficiano di canoni di locazione storici più bassi. L’aumento dei prezzi riguarda soprattutto le nuove locazioni.
Gli affitti più alti nelle nuove locazioni sono spesso dovuti a miglioramenti qualitativi: planimetrie moderne, risanamenti energetici e investimenti in tecnologie ecologiche. Questi miglioramenti hanno un costo. Allo stesso tempo, la costante alta immigrazione aggrava il disequilibrio tra domanda e offerta. Per far fronte alla crescita demografica, sarebbe necessario costruire ogni anno almeno 10.000 abitazioni in più rispetto a oggi.
Le misure proposte sono costose, complesse e non offrono soluzioni
La protezione degli inquilini in Svizzera è tra le più rigorose d’Europa. Chi sospetta un affitto abusivo può contestarlo gratuitamente presso l’autorità di conciliazione. Gli aumenti degli affitti devono già oggi essere giustificati. Un controllo generalizzato degli affitti, come previsto dall’iniziativa, sostituirebbe l’ordinamento collaudato con un sistema di controllo kafkiano.
Non vi è alcuna prova che i controlli statali sugli affitti siano più efficaci dell’attuale sistema. Secondo l’Ufficio federale di statistica, gli affitti raddoppiarono tra il 1942 e il 1966 – nonostante il controllo statale. Inoltre, un controllo basato esclusivamente sulla redditività è praticamente irrealizzabile: per gli edifici più vecchi mancano dati affidabili sul prezzo d’acquisto originario, la struttura dei costi odierna è molto diversa da quella delle nuove costruzioni e le distorsioni dovute all’inflazione complicano ulteriormente i calcoli. Secondo la giurisprudenza, per gli edifici con oltre 30 anni di età fanno fede solo i valori usuali a livello locale o di quartiere.
Un controllo della redditività su larga scala comporterebbe un carico gestionale immenso: gli affitti di circa 2,4 milioni di economie domestiche dovrebbero essere verificati regolarmente, con grandi quantità di documentazione contabile dettagliata e un massiccio impiego di personale e risorse finanziarie.
Più scelta per chi cerca casa – Facilitare la costruzione di abitazioni nelle città
Regolamentazioni e interventi statali non creano nemmeno un metro quadrato di spazio abitativo. Chi vuole affitti più bassi, deve costruire di più – non introdurre ulteriori divieti e controlli. Invece di scoraggiare gli investitori con nuovi vincoli, servono norme edilizie più flessibili, iter autorizzativi più snelli e meno burocrazia. Solo aumentando l’offerta di alloggi si potrà ridurre in modo duraturo la pressione sugli affitti.
L’iniziativa per il controllo dei prezzi degli affitti va nella direzione sbagliata: invece di potenziare strumenti semplici ed efficaci per la tutela degli inquilini – come le autorità paritetiche di conciliazione gratuite – propone di sovraccaricare il sistema con un gigantesco apparato di regolazione e controllo a livello nazionale. Servono soluzioni concrete: più flessibilità, più rapidità, più costruzioni. Solo così si potranno ridurre a lungo termine i costi abitativi – sia per gli inquilini sia per i futuri proprietari.
L'Associazione dei proprietari immobiliari svizzeri respinge con decisione le affermazioni e le richieste presentate oggi dall'Associazione degli inquilini. L’iniziativa per il controllo dei prezzi degli affitti non riconosce le vere cause dell’aumento dei costi abitativi e rischia di aggravare ulteriormente la carenza di alloggi. Regolamentazioni severe frenano gli investimenti, riducono la qualità e ostacolano il ricambio degli inquilini – lo dimostrano le esperienze di Ginevra, Basilea e dell’estero.
L’Associazione degli inquilini basa le proprie affermazioni su uno studio commissionato autonomamente, secondo il quale gli inquilini pagherebbero presuntamente troppo. Questo studio è stato da tempo criticato – anche dal Consiglio federale – per la sua metodologia discutibile e il suo carattere unilaterale: ignora sia il diritto locativo vigente sia la realtà del mercato immobiliare. I fatti parlano chiaro: per la maggior parte della popolazione, l’abitare è ancora accessibile. Secondo l’Ufficio federale di statistica, l’affitto medio in Svizzera è di 1.451 franchi. Dal 2000, solo il 14-18% del reddito lordo viene destinato in media all’affitto. Gli inquilini di lunga data beneficiano di canoni di locazione storici più bassi. L’aumento dei prezzi riguarda soprattutto le nuove locazioni.
Gli affitti più alti nelle nuove locazioni sono spesso dovuti a miglioramenti qualitativi: planimetrie moderne, risanamenti energetici e investimenti in tecnologie ecologiche. Questi miglioramenti hanno un costo. Allo stesso tempo, la costante alta immigrazione aggrava il disequilibrio tra domanda e offerta. Per far fronte alla crescita demografica, sarebbe necessario costruire ogni anno almeno 10.000 abitazioni in più rispetto a oggi.
Le misure proposte sono costose, complesse e non offrono soluzioni
La protezione degli inquilini in Svizzera è tra le più rigorose d’Europa. Chi sospetta un affitto abusivo può contestarlo gratuitamente presso l’autorità di conciliazione. Gli aumenti degli affitti devono già oggi essere giustificati. Un controllo generalizzato degli affitti, come previsto dall’iniziativa, sostituirebbe l’ordinamento collaudato con un sistema di controllo kafkiano.
Non vi è alcuna prova che i controlli statali sugli affitti siano più efficaci dell’attuale sistema. Secondo l’Ufficio federale di statistica, gli affitti raddoppiarono tra il 1942 e il 1966 – nonostante il controllo statale. Inoltre, un controllo basato esclusivamente sulla redditività è praticamente irrealizzabile: per gli edifici più vecchi mancano dati affidabili sul prezzo d’acquisto originario, la struttura dei costi odierna è molto diversa da quella delle nuove costruzioni e le distorsioni dovute all’inflazione complicano ulteriormente i calcoli. Secondo la giurisprudenza, per gli edifici con oltre 30 anni di età fanno fede solo i valori usuali a livello locale o di quartiere.
Un controllo della redditività su larga scala comporterebbe un carico gestionale immenso: gli affitti di circa 2,4 milioni di economie domestiche dovrebbero essere verificati regolarmente, con grandi quantità di documentazione contabile dettagliata e un massiccio impiego di personale e risorse finanziarie.
Più scelta per chi cerca casa – Facilitare la costruzione di abitazioni nelle città
Regolamentazioni e interventi statali non creano nemmeno un metro quadrato di spazio abitativo. Chi vuole affitti più bassi, deve costruire di più – non introdurre ulteriori divieti e controlli. Invece di scoraggiare gli investitori con nuovi vincoli, servono norme edilizie più flessibili, iter autorizzativi più snelli e meno burocrazia. Solo aumentando l’offerta di alloggi si potrà ridurre in modo duraturo la pressione sugli affitti.
L’iniziativa per il controllo dei prezzi degli affitti va nella direzione sbagliata: invece di potenziare strumenti semplici ed efficaci per la tutela degli inquilini – come le autorità paritetiche di conciliazione gratuite – propone di sovraccaricare il sistema con un gigantesco apparato di regolazione e controllo a livello nazionale. Servono soluzioni concrete: più flessibilità, più rapidità, più costruzioni. Solo così si potranno ridurre a lungo termine i costi abitativi – sia per gli inquilini sia per i futuri proprietari.